Ogni giorno, quando apriamo l’armadio per scegliere gli abiti da indossare, decidiamo più o meno consapevolmente cosa mostrare di noi stessi. Molti di noi scelgono i vestiti la sera prima e li adagiano accuratamente sulla poltroncina accanto al letto. Qualcun altro progetta l’intera settimana con un planner guardaroba, mentre altri attendono l’ispirazione del mattino, lasciandosi guidare dall’istinto e talvolta dall’umore.
I vestiti sono la prima cosa che osserviamo negli altri. Quando le parole non bastano, l’abbigliamento rappresenta la forma di linguaggio più immediata, semplice ed efficace per raccontare chi siamo.
I tessuti e le proporzioni degli abiti, gli abbinamenti cromatici, la scelta degli accessori, la cura del make-up e dei capelli e perfino la fragranza del profumo veicolano la nostra identità.
Gli abiti hanno il potere di:
- aumentare la nostra autostima o disagio
- influenzare la nostra visione della realtà e la percezione che gli altri hanno di noi
- raccontare la nostra storia e la nostra cultura
- esprimere il desiderio di conformarci o l’esigenza di distinguerci
- comunicare i nostri gusti, le passioni, i valori, i sogni, le emozioni ed i nostri obiettivi
- valorizzare i nostri pregi e nascondere le nostre insicurezze
- trasmettere accoglienza e vicinanza oppure rigidità e distacco
- assecondare la nostra identità o tentare di camuffarla e tanto altro …
Oltre le mode e le convenzioni, la funzione dei vestiti dovrebbe essere quella di un manifesto di libertà, attraverso il quale dichiarare chi siamo e fare in modo che non siano gli altri a deciderlo.
In passato, però i significati attribuiti ai vestiti erano completamente diversi rispetto ad oggi e la libertà di scelta un diritto da conquistare.
Erano solo le classi sociali più agiate a dettare mode, stili e tendenze. La società era organizzata secondo un ferreo sistema gerarchico, al cui vertice nasceva qualunque decisione, che si ripercuoteva sulle classi sociali sottostanti.
Il dress code (l’abbigliamento codificato) aveva un sistema di regole molto rigido, che stabiliva cosa indossare (in termini di modelli, colori, accessori etc.) e da chi.
La corte reale francese di Luigi XIV, in particolare, era il punto di riferimento per le altre corti europee. Il lusso, l’ostentazione e l’opulenza sia negli abiti che negli accessori, erano il mezzo attraverso il quale affermare l’appartenenza alla propria classe sociale.
Apportare cambiamenti di carattere personale a questo rigido codice d’abbigliamento era proibito. I vestiti, infatti erano precisi simboli di appartenenza ad un gruppo e la violazione delle regole prevedeva punizioni e perdita dei privilegi. Le persone appartenenti alle classi più povere, invece non avendo obblighi nella società, non avevano bisogno di distinguersi attraverso l’abbigliamento.
Esiste, un preciso momento storico in cui il dress code si trasformò da elemento di distinzione sociale ad espressione della libertà individuale.
Tutto avvenne a Parigi, nel periodo delle rivolte di piazza. Questo clima portò alla presa della Bastiglia, nel 1789. Ebbe così inizio la Rivoluzione francese, avvenimento che nella storia segnò il passaggio dall’età moderna a quella contemporanea.
L’attenzione si spostò dalle corti alle strade, dove il popolo rivendicando principi di uguaglianza e libertà, ribaltò tutti gli equilibri politici, sociali e culturali esistenti, imponendo le proprie regole.
Il lusso, che aveva contraddistinto le corti, fu sostituito dal desiderio di uguaglianza ed i punti di riferimento per la moda e le tendenze divennero la borghesia e la classe operaia.
C’è una data importantissima, che segnò un cambiamento decisivo nella storia del costume, ovvero il 29 ottobre 1793, giorno in cui fu decretata la libertà totale di abbigliamento come diritto fondamentale dell’uomo: “Nessuna persona dell’uno o dell’altro sesso, potrà costringere alcun cittadino o cittadina a vestirsi in modo particolare, sotto pena di essere trattata come sospetta, o perseguita come perturbatrice della pubblica quiete; ognuno è libero di portare l’abito o gli accessori che preferisce”.
Da questo momento in poi, l’abbigliamento ha incarnato sempre di più i bisogni della società e le conseguenti trasformazioni storiche e culturali.
Il desiderio di miglioramento della condizione economica da parte dei ceti sociali meno abbienti, nonché l’evoluzione del ruolo della donna nella società, hanno fatto in modo che le tendenze, negli anni a venire, rispecchiassero sempre di più questi importanti cambiamenti.
Una delle figure femminili di spicco, che creò la moda tra le due guerre mondiali, fu Coco Chanel. Con la sua visione all’avanguardia e rivoluzionaria è stata in grado di intercettare i cambiamenti della società, anticipando le tendenze. Concepì uno stile unico, destinato ad una donna libera ed emancipata, modello che lei stessa incarnava.
A cinquant’anni dalla sua morte, avvenuta a Parigi, il 10 gennaio 1971, resta ancora una preziosa fonte d’ispirazione per molte donne. La sua visione di femminilità, soprattutto in uno scenario storico come quello odierno, rispecchia un bisogno quanto mai attuale: guardare al futuro con coraggio e fiducia, oltre corsetti e convenzioni.
“Di quante preoccupazioni ci si libera quando si decide non di essere qualcosa bensì qualcuno”. (Coco Chanel)