L’uso dei prodotti cosmetici risale ad epoche remote. Dalle prime civiltà umane fino ai giorni nostri, i vari popoli, attraverso la cosmesi, dimostrarono come curare e preservare la propria bellezza abbia rivestito un ruolo importante nel tempo. Già nella Preistoria era diffusa la pratica di decorare il viso ed il corpo. Lo scopo, oltre a mimetizzarsi durante le battute di caccia, assumeva un significato religioso, per allontanare gli spiriti maligni e guarire dalle malattie.
La Mesopotamia, considerata la culla della civiltà occidentale, rivelò le prime testimonianze sull’utilizzo di prodotti cosmetici. I Sumeri dedicavano grande cura al corpo ed usavano profumarsi con preparati a base di oli vegetali. Intuirono, che mediante la mescolanza di sostanze grasse animali e pigmenti naturali, era possibile preparare delle paste, che riuscivano ad aderire alla pelle. Formularono i primi “fondotinta” e “matite per occhi”, con un composto applicato con dei bastoncini d’avorio. Lo scopo era di sottolineare lo sguardo, poiché gli occhi erano la porta d’accesso all’anima. Nell’antichità, la cosmesi era sacra anche per i Babilonesi e gli Assiri. Infatti, i primi creavano dei profumi specifici per ogni persona, attribuendo importanti proprietà terapeutiche agli aromi. Pertanto, potremmo considerarli i creatori della moderna aromaterapia.
Gli Egiziani rappresentarono i padri fondatori della cosmesi. La cura del corpo era talmente importante da avere due divinità addette alla cosmesi: Bes e Thot. Il trucco non aveva solo un fine estetico, ma serviva a congiungersi con le divinità. Ogni donna aveva diversi segreti e ricette di bellezza oltre a veri e propri beauty-case, con vari scompartimenti. Dopo la morte, diventavano parte del corredo funerario, poiché l’aldilà rappresentava un prolungamento della vita terrena. La cura del corpo, nei ceti sociali più alti, era affidata a schiavi ed ancelle. Dalle prime ore del mattino, erano addetti a: lavare, depilare, profumare, massaggiare, detergere, truccare la pelle ed acconciare i capelli. Agli Egizi è attribuito il primo cosmetico per colorare le guance, l’utilizzo del khol per sottolineare lo sguardo e l’abitudine di colorare e dipingere le unghie, in relazione al ceto sociale. Per combattere la calvizie, oltre all’utilizzo di parrucche, sul cuoio capelluto erano applicati vari composti a base di grasso animale, come leone, ippopotamo, serpente etc.
A Creta e Micene erano diffuse molte pratiche cosmetiche, ma presso gli antichi Greci, il corpo diventò oggetto di attenzioni scrupolose, poiché considerato ideale di bellezza ed armonia. Questo popolo decretò il volto ovale, come simbolo assoluto di perfezione estetica. La cosmesi era praticata indistintamente sia dagli uomini, che dalle donne. Queste ultime, oltre ad arricciare ed acconciare i capelli come gli uomini, li tingevano di vari colori, con preparati a base di antimonio, cenere o henna. Fra i quotidiani rituali di bellezza era diffuso anche l’utilizzo della biacca sul viso. Si trattava di un composto a base di carbonato di piombo, di cui si ignorava totalmente la tossicità ed il cui uso è documentato anche nei secoli successivi.
Gli Etruschi dedicavano molta attenzione alla cosmesi, soprattutto in virtù del fatto che la donna aveva un ruolo attivo nella vita sociale. Libera ed autonoma prestava molta attenzione al trucco, alla cura della pelle e dei capelli, per preservare la bellezza e contrastare i segni del tempo.
Giungiamo così all’antica Roma, dove era diffuso un ideale di bellezza più naturale rispetto al passato. Il trucco eccessivo ed i capelli tinti di colori vivaci come l’azzurro ed il rosso erano prerogative delle donne di facili costumi. Tuttavia, le donne dei ceti sociali elevati facevano uso di preparati per il trucco e tingevano i capelli. I colori più diffusi erano il biondo dorato ed il biondo rame ed ancelle e schiave si occupavano del trucco, della cura del corpo e dell’acconciatura. Nel tempo, le sostanze utilizzate danneggiavano i capelli, per questo erano ampiamente diffuse le parrucche. Gli antichi Romani erano assidui frequentatori delle terme ed anche gli uomini avevano una scrupolosa attenzione all’aspetto esteriore. Infatti, facevano ricorso al trucco ed alla depilazione, per apparire più seducenti. Erano molto usate maschere di bellezza, creme idratanti, preparati per contrastare le rughe e sconfiggere inestetismi cutanei, quali acne e cicatrici. Celeberrimo, il rituale di Poppea, di fare bagni in latte d’asina, per mantenere la pelle vellutata ed elastica.
A Bisanzio, i prodotti cosmetici erano molto utilizzati e la bellezza era molto importante. Infatti, l’imperatrice era scelta esclusivamente sulla base del suo aspetto esteriore. Dopo la caduta dell’Impero Romano, con lo sviluppo del Cristianesimo, si ebbe un blocco. A causa di regole ferree, furono condannate tutte le pratiche legate alla cura del corpo, favorendo una bellezza pura e semplice.
Durante il Medioevo, anche i rituali cosmetici più semplici erano considerati peccaminosi. Si pensava, che qualunque attenzione alla cura del corpo sottraesse del tempo prezioso all’anima. L’igiene personale era trascurata, lo specchio considerato uno strumento diabolico e le labbra rosse erano vietate, perché troppo sensuali. In questo periodo, come ideale femminile, era diffusa la tipologia nordica, con carnagione diafana e capelli dorati, colorati con preparati a base di miele e shampoo composti da cenere e bianco d’uovo. I capelli erano arricchiti da ciocche e trecce posticce, fili di perle e d’oro. La figura era molto esile e magra ed i colori mediterranei simbolo d’inferiorità.
Il Rinascimento indicò la fine del periodo buio. La cosmesi e la cura del corpo erano considerate un completamento della bellezza interiore. L’ideale femminile fu confermato da una bellezza angelica, con fronte spaziosa, incarnato chiaro, esaltato dalla biacca. I capelli lunghi e dorati erano schiariti con preparati a base di zafferano e succo di limone. L’acconciatura più in voga, consisteva in due ciocche di capelli, legate in una lunga coda sulla nuca, divise da una riga centrale. L’abitudine era di abbellire i capelli con nastri, fili d’oro e cerchietti, con pendenti di perle sulla fronte depilata per apparire più ampia. Sia gli uomini che le donne usavano il minio per risaltare la bocca di rosso. Le donne, per ravvivare le guance, vi strofinavano delle pezze di stoffa, imbevute in un pigmento rosso ottenuto da particolari legni tropicali.
Nel 1500, la bellezza angelica era sempre considerata la massima espressione della femminilità, ma con forme più morbide rispetto al passato. L’utilizzo dei cosmetici aveva anche la funzione di camuffare le cicatrici del vaiolo. Mediante l’utilizzo della biacca, veniva enfatizzato il pallore del viso, considerato simbolo di purezza mentre la bocca e le guance leggermente colorate con del pigmento rosso. La fronte era ampia e spesso depilata e le sopracciglia sottili.
Nel 1600, se non si voleva correre il rischio di essere additati o derisi, la cura del proprio aspetto era fondamentale. L’abbronzatura era bandita e l’ideale femminile era sempre caratterizzato da una pelle chiarissima e da gote leggermente colorate. Le labbra rosse erano un vezzo sia delle donne, che degli uomini. I canoni estetici richiedevano una bocca piccola ed il labbro inferiore più carnoso rispetto a quello superiore. Gli occhiali da vista erano molto eleganti e le montature costitute da metalli preziosi e materiali pregiati.
La femminilità del 1700 era rappresentata da donne con caratteristiche simili alle bambole. L’incarnato era pallido e le guance colorate di rosso. Il belletto era applicato con un pennello, in modo circolare al centro delle gote. Il colore era coordinato alle labbra, piccole e rosse grazie all’utilizzo del carminio. L’intensità del colore sulle guance indicava la classe sociale d’appartenenza. Le parrucche, acconciate con boccoli, erano usate sia dagli uomini, che dalle donne. La biacca, tamponata in modo abbondante anche sulle parrucche, era diffusa in tutti i ceti sociali anche fra religiosi e militari. Le donne utilizzavano prodotti esfolianti, lucidavano le unghie e le limavano a forma di mandorla. Era molto diffuso l’utilizzo di nei posticci di varie forme e dimensioni (cuore, stella etc.) considerati simboli di bellezza. Applicati sul volto e spalle, assumevano dei significati specifici in base alla posizione. In quest’epoca nacque la fisiognomica: la disciplina, secondo cui è possibile stabilire carattere e personalità, mediante lo studio delle caratteristiche morfologiche del volto.
Nel 1800 si affermò un ideale di bellezza molto naturale, in contrasto con le epoche precedenti. La femminilità era rappresentata da una donna fragile e sofferente, con pelle chiara, occhi stanchi ed occhiaie marcate. Queste caratteristiche, rese ancora più evidenti da notti insonni e giorni di digiuno, erano enfatizzate dall’inchiostro blu, utilizzato per sottolineare anche le vene del collo. L’igiene personale era poco diffusa e l’aspetto pallido e malaticcio, simbolo di sofferenza era considerato nobile. In questo periodo, le parrucche vennero sostituite dal colore. Dopo secoli di biondo, i capelli diventarono per la prima volta neri corvini, con riflessi violacei. Il trucco, considerato disonorevole, era utilizzato soltanto dalle donne di facili costumi e prostitute mentre le altre si limitavano a lucidare le labbra con preparati a base di olio e grasso animale.
Giungiamo così al 1900 …
Quanto detto fino ad ora, dimostra come ogni epoca, seppur antica, abbia avuto il suo modello di riferimento in fatto di bellezza. Nel prossimo articolo, riprenderemo da questo punto. Vi illustrerò i cambiamenti, che hanno caratterizzato e trasformato l’ideale di bellezza, in un viaggio entusiasmante dal ‘900 ad oggi …
Fonti : ROSSANO DE CESARIS, Manuale di make-up professionale, CTS Grafica, Città di Castello (PG), gennaio 2013